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Due libri, usciti quasi in contemporanea, interamente dedicati alla giovane artista ebrea berlinese, assassinata a ventisei anni, ad Auschwitz nel 1943. Sia Pedretti che Foenkinos raccontano di aver scoperto per caso Charlotte Salomon, a Parigi, agli inizi degli anni Novanta, in occasione della mostra antologica dedicata alla sua unica grande opera, "Vita? O Teatro?", pittorica, teatrale e musicale, sopravvissuta allo sterminio nazista, e oggi conservata presso lo Joods Historisch Museum di Amsterdam. L'incontro con quest'opera, per entrambi gli scrittori, si trasforma in urgenza di scrittura. L'arte per Salomon era la sua cura: dipingeva e scriveva in ogni occasione ovunque si trovasse, "l'opera era diventata la sua vita e la sua vita l'opera". Poco prima di essere deportata, dirà al dottor Moridis, il suo medico curante: "Vi affido un'opera che racconta tutta la mia vita o che vale quanto la mia stessa vita o è tutta la mia vita perché la mia vita è finita". Charlotte sfidò gli estremi del dolore e dell'offesa riscattandoli con l'arte, per lasciarci in eredità uno dei canti più alti del nostro tempo.
14-05-2015