Lulu Delacroix di Isabella Santacroce ( recensione di Daniele Messina)

A volte capita di leggere qualcosa di prezioso, che oltrepassa i confini della letteratura per diventare vita dentro al lettore, una vita intensa, ricchissima, da cui trarre bellezza, estrema bellezza. È il caso di Isabella Santacroce, “la regina degli angeli maldestri”, e del suo nuovo libro “Lulù Delacroix”, appena pubblicato da Rizzoli. Un romanzo-favola la cui protagonista, la piccola Lulù, è una bambina diversa, imperfetta, esiliata nella sua stanza, rifiutata dai suoi genitori, odiata dalle sue sorelle e da tutti gli abitanti di Perfect City. Così crea un mondo immaginario per sopravvivere allo strazio di un’esistenza distrutta, un mondo abitato da Emily Dipinson, la bambina che vive nel sole, da Dinni, la sua amata bambola, e da Mimì, la bambola parlante con un braccio e un occhio solo, che la condurrà nel Mondo del Mistero per combattere e sconfiggere i pregiudizi che la costringono alla solitudine e alla vergogna. Una favola di dolorosa bellezza che sfugge a qualsiasi definizione e si staglia lì in alto, nella sua sontuosa architettura e nel potente lirismo delle sue parole, in una dimensione onirica, fantastica, unica.
Isabella Santacroce, dopo averci raccontato l’inferno in “V.M. 18”, prosegue la sua trilogia “estrema” spalancandoci le porte del paradiso, raccontandoci lo strazio provocato dall’odio, e fa della bellezza e della dolcezza le armi della sua scrittura in “rivolta”. E la immaginiamo, di notte, sulla sua sedia di legno, davanti a sé una finestra da cui vede solo i platani, a immergersi nella battaglia di una bambina interrotta, quella Lulù Delacroix così simile a lei. E lo fa capovolgendo tutto, per diventare verticale nel cielo, invulnerabile, magnifica.
24-02-2010