Una domenica da Ikea

Come ha spiegato con intuito acutissimo il sociologo Marc Augé, i centri commerciali sono dei non-luoghi. Però nella periferia romana il non luogo trova una sua becera identità, soprattutto in estate, in tempo di crisi recessiva a di scarsità di vacanze: ecco allora che Ikea sull’Anagnina, propaggine di Roma sud ai piedi dei castelli romani, diventa la meta ideale per giovani famiglie in cerca di un consumo dai prezzi stracciati, di oggetti abbastanza inutili ma così economici da sfidare la crisi. Il genio del signor Ikea è universalmente conosciuto, ma riuscire a scalfire la diffidenza dei romani e piegarli ai suoi prodotti dai nomi impronunciabili è davvero un successo commerciale degno del più maturo capitalismo occidentale. Oggi la gita ad Ikea è stata particolarmente interessante; una folla di giovani coppie in shorts ed infradito i lui, in calzoni alla pescatora stile Jaqueline Kennedy a passeggio per via Camerelle a Capri, solo fornite di stazze da post gravidanza o semplicemente da abbuffate romanesche le lei; un esercito di passeggini ultraleggeri, superattrezzati di cinghie, ombrellini, soffietti, bauletti porta giochi che accolgono neonati superenergetici e urlanti per il rumore assordante a cui sono sottoposti; oppure bambinetti di pochi anni inseguiti da padri nevrotici che si insinuano sotto gli enormi carrelli, dai nomi classici ma abbreviati alla romana….ecco allora un coro di Aléééé (Alessio/Alessandro); Giallù (Gianluca) , Christia (Christian), Sabbrì (Sabrina), i quali, vestiti e attrezzati esattamente come i loro genitori, poco più che trentenni, si aggirano negli enormi corridoi del super mega store (!), pietendo dai genitori esasperati dal caldo e dalla folla un oggetto, un regalo, un economico gadget che finirà quasi certamente nel secchio dei rifiuti, rigorosamente differenziati.
Poi ci sono gli anziani, nonni al seguito delle famiglie in struscio domenicale, confusi e spaesati alcuni, più pratici e avveduti gli altri, soprattutto se commercianti, abilissimi a trovare occasioni interessanti da propinare agli ingenui frequentatori di locali superperiferici di cui sono titolari.
La Roma di Ikea è degna di un romanzo di Genna, di Walter Siti o di altri narratori attenti alla mutata antropologia nell’epoca berlusconiana. Il successo di “Bira e calippo” si spiega anche aggirandosi per un paio d’ore o fermandosi alla cassa dell’Ikea: le operatrici/cassiere sono efficienti ma molto spesso grassissime, forse per le troppe ore passate sedute su improbabili trespoli davanti ad un registratore di cassa rapidissimo ma che non consente alcuna sosta o distrazione. Le giovani donne che ho visto oggi compravano pochi oggetti (tovaglioli di carta, candele, stampelle, lampadine) ma erano in gruppo di due o tre, con lunghe gambe abbronzate, mini jeans scoloriti, canottierine stile intimissimi con bretelline del reggiseno ostentatamente in vista, unghie coloratissime (blu, verde, argento) e un birignao romanesco ostentato come un ornamento raffinato…..Oggi non hanno trovato di meglio che passare il pomeriggio al centro commerciale: aiuto!

Elisabetta, domenica d’agosto all’Ikea
02-09-2010