Recensione di Elisabetta Bolondi
Autore: Crowley John
Titolo: La traduttrice
Editore: Ponte alle Grazie, 2003
Siamo nel 1962, in un campus universitario americano, dove la giovane studentessa Christa Malone, Kit, si iscrive ad un corso tenuto da un poeta esule russo, Innokentii Falin, personaggio affascinante e misterioso, del cui fascino presto la ragazza non riuscirà a non rimanere vittima; le storie dei due procedono parallelamente: lui ha vissuto una terribile infanzia nella Russia staliniana di cui non riesce quasi a parlare, ma ha scritto delle poesie che la giovane Christa vuole capire, anzi vorrebbe tradurre nella sua lingua perchè possano vivere anche per altri; lei, a sua volta, pur essendo giovanissima, ha alle spalle dolori terribili: la morte in un incidente dell'unico adorato fratello, Ben, arruolatosi nell'esercito e misteriosamente morto in una esercitazione; un tentativo di suicidio in seguito ad una gravidanza indesiderata.
I due protagonisti trovano nella poesia e in un amore timido ma passionale la forza di sostenersi nella dolorosa ricerca delle parole che trasferiscano dal russo all'inglese esperienze tanto dure.Ma la storia incalza, la crisi dei missili di Cuba intensifica in America la paura dei comunisti, dei russi, e Falin è nel mirino della Cia: sparirà senza lasciare tracce, lasciando Kit nel dolore, nell'abbandono, nella desolazione più completa. Un anno dopo verrà assassinato a Dallas Kennedy, e Cuba, Castro, l'Unione sovietica e i servizi segreti continueranno ad aleggiare nella testa di Kit: è morto davvero Falin? Si è sacrificato per tutti, per salvare lei, o il mondo occidentale? Il romanzo si era aperto, e si chiuderà, con la visita a S.Pietroburgo della ormai matura poetessa Kit Malone, invitata a parlare di Falin nella nuova Russia, per scoprire che nessuno l'ha conosciuto meglio de lei. Ottimo narratore, Crowley tiene insieme diversi registri, dalla spy story al dramma psicologico, mantenendo semp

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