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Attualità
Il merito secondo la Gelmini - Contributo di Gigliola Corduas
di Elisabetta Bolondi
Tra i fasti della storia e le miserie della cronaca.

In un giorno drammatico per la scuola, nel bel mezzo di una protesta che sta animando università e scuole, è stato rilanciato il tema della valorizzazione del merito di scuole e insegnanti con incentivi economici. E, parola del ministro, quel giorno diventa storico.
La valorizzazione, o meglio la premiazione, scaturirebbe da una valutazione che indicherebbe le scuole migliori e gli insegnanti più bravi. Ma sono pochi i fondi e dunque poche le scuole: l’ambito delle migliori sarà circoscritto alle scuole medie di Pisa e Siracusa. Per gli insegnanti ci si limita a Torino e Napoli. I punti critici di questa iniziativa sono innumerevoli, dalla composizione dei team giudicanti ai criteri di giudizio che, soprattutto per gli insegnanti, sono tutt’altro che scontati, per non parlare del quantum del premio, della volontarietà della partecipazione e dell’angustia del campione scelto.
Per non essere inutilmente critici, vorremmo sottolineare come la valutazione sia un elemento importante nel profilo di una categoria professionale chiamata continuamente a giudicare e valutare, come sono gli insegnanti. Ma perché questo sia possibile è necessario ridefinire quel profilo, stabilirne senza equivoci i percorsi di formazione iniziale e in servizio, i canali di reclutamento, tutte cose su cui la Fnism,insieme alle altre associazioni di insegnanti, insiste da tempo ormai immemorabile. Altrimenti che cosa si giudica? Forse la capacità di sopravvivere in un sistema che fa acqua da tutte le parti e la tenacia di conservare la dignità del proprio lavoro e il rispetto per le persone che ci sono affidate? Ma questa è una partita che ciascuno affronta in maniera diversa e chi ci riesce merita una medaglia al valore più che uno sporadico premio. Abbiamo bisogno di definire chi sono i bravi insegnanti e di sostenerli nel loro difficile lavoro. Premiarli appartiene a un’altra fase, magari per evidenziare il surplus rispetto alle prestazioni base al di sotto delle quali a nessuno è consentito scendere, e questa è l’altra faccia della valutazione, altrettanto essenziale anche se meno spendibile sul piano dell’immagine di un ministro in crisi.
I tagli che hanno massacrato la scuola esigerebbero una maggiore sobrietà nell’affrontarne i problemi e anziché fare i conti ogni volta con prospettive storiche o epocali, sarebbe opportuno puntare sulla sua capacità di tenuta in attesa di tempi migliori. Insomma, vale per la scuola l’auspicio disperato “speriamo che se la cavi”.
Novembre 2010
01-12-2010