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Intervento di Giulia Alberico alla presentazione del libro di Ugo Riccarelli
di Elisabetta Bolondi
APPUNTI SU STORIA E NARRAZIONE

Ho insegnato Storia per più di 30 anni e ho verificato le ragioni – tante e complesse – per cui questa disciplina è per lo più poco amata. Sono sempre riuscita a ‘passare’ molto meglio l’insegnamento della Storia ogni volta che mi è riuscito di tradurre quei fatti, quei nomi, quelle vicende in narrazione. Voglio dire ogni volta che sono riuscita io a raccontare (prima che a spiegare), con la mia voce, il mio coinvolgimento emotivo e intellettuale, ma anche -e più spesso- a cedere il passo e ad offrire ai ragazzi una lettura ( di un libro, di un film, di un documento video o musicale) che al manuale riportasse ma che, nello stesso tempo, lo riassumesse e lo scavalcasse. Non è operazione né semplice né da improvvisare. Ci sono tutta una serie di considerazioni didattiche che sarà bene valutare prima e che non è qui il caso di affrontare.
La repubblica di un solo giorno, oltre ad essere un libro bellissimo ( per scrittura, ritmo, levità inventiva) si presta in modo eccellente a ciò che io intendo per Storia narrata. E’ la storia di una splendida e sfortunata rivoluzione, quella della Repubblica Romana durata solo cinque mesi ( dal 9 febbraio al 4 luglio 1849) ma è anche un panorama sul variegato pensiero politico risorgimentale; è una amara considerazione sugli esiti, in Francia, della rivoluzione francese; è uno sguardo puntuale sulle attese del popolo, sulla distanza tra popolo e rivoluzionari, sulla realpolitik che spinge la Francia ‘rivoluzionaria’ a combattere la neonata Repubblica Romana per reintegrare sul trono Pio IX, il Papa re.
Nel libro di Riccarelli è ben chiaro come una superiore idea di nazione unitaria faccia da minimo comune denominatore tra posizioni politiche molto diverse tra loro: repubblicani come Mazzini e Mameli; neo socialisti come i garibaldini; monarchici come Manara; moderati come Dandolo.
Sono quasi sempre dei volontari, giovanissimi, appassionati, incuranti della sproporzione delle forze in campo, guidati esclusivamente dalla tensione ideale che – e il libro lo mostra – può contagiare anche il più indifferente e cinico dei ragazzotti plebei di Roma.
La Costituzione della Repubblica Romana resta la più avanzata d’Europa, considerati i tempi ( suffragio universale maschile; abolizione della pena di morte; libertà di culto sono solo alcune delle forti novità democratiche contenute nel documento).

L’azione del libro di Riccarelli è ( anche per ragioni sceniche) tutta dentro Roma, c’è però tra le pagine una eco dell’effetto domino che fu l’anno 1848 in Europa quando da popoli e Paesi distanti si levano, in breve volgere di mesi, rivolte che chiedono un nuovo ordine politico e una Costituzione. Dalla Sicilia - gennaio ’48 - alla Toscana, da Parigi che vede l’abdicazione di Luigi Filippo e la proclamazione della Repubblica, a Vienna, Budapest, Berlino e, tornando in Italia, al Regno di Sardegna, a Milano con le famose cinque giornate, alla proclamazione della Repubblica di Venezia ( meta ultima di Garibaldi in fuga dalla Roma riconquistata a tradimento dalle forze francesi).

Tante le possibili aperture che il libro di Riccarelli offre per muoversi dentro i fatti della Storia, ne indico solo alcuni, passibili di sviluppi e approfondimenti, messa a confronto e riflessioni:
1) Quante volte la Francia tradisce se stessa? ( da Napoleone III che va in deroga ad un articolo della Costituzione al generale Oudinot che tradisce gli accordi con Mazzini)
2) I giovani volontari accorrono a Roma. Come sarà in Spagna nel ’36….
3) La rivoluzione è occasione per crescere in cultura e sapere.(Maddalena, Lucio, sono analfabeti. Osservano i soldati che scrivono. Sanno che molti di loro appartengono come Cristina a classi sociali elevate..)
4) Quanti Mameli, più o meno noti, nella storia delle rivoluzioni? ( da Byron…)
14-04-2011